da inezie essenziali a essenzialmente inezie

Cari amici, eccomi qui. Se siete arrivati qui è perché siete passati sul mio blog storico e ve ne ringrazio. L'ho lasciato lì, dopo dieci anni di vita, dal 2007 al 2017. Era andato rarefacendosi e inaridendosi, un lento morire che mi dava anche disagio.

Quando, in cerca non so di cosa, rileggevo un vecchio post toccavo dolorosamente con mano quanto io fossi cambiata e quanto l'identità di quella marina si fosse sfarinata. E non conta se quella marina valesse poco o tanto. Ero io e non lo sono più.

Perciò ho fatto una capriola grammaticale e ho dato inizio al blog del mio presente, della marina che sono oggi.



Da "inezie essenziali" a "essenzialmente inezie" il significato slitta e non di poco.

Quando scrivevo "inezie essenziali" ritenevo, evidentemente, che nelle inezie che via via venivo scrivendo ci fosse qualcosa di essenziale che chiedeva di essere scritto e forse meritava di essere letto. Essenziale per me e, perché no, per qualcun altro nella blogosfera; qualcuno che si scoprisse in sintonia con il mio modo di sentire e, almeno in parte, vi si riconoscesse.

Ma trasformando quell'aggettivo "essenziali" in un avverbio "essenzialmente" il significato cambia e non superficialmente.

Infatti "essenzialmente inezie" dice che quello che scrivo è fatto alla radice di inezie, che smettono di essere essenziali.


Se sono rimasta comunque nell'ambito lessicale della essenzialità e della inezia una ragione, un significato c'è. Per ora è confuso anche per me, ma penso che pian piano verrà fuori.


Comunque, perché scriverle queste piccolezze, questi nonnulla, queste minuzie? Quanto narcisismo mi porta a scriverle?

In tutti noi che affidiamo a un blog i nostri pensieri, ricordi, versi o versetti, racconti, riflessioni, un po' di narcisismo è sempre presente. Almeno credo.

Ma, dato per scontato il mio tasso di narcisismo, per non farmi torto, tra le ragioni del mio scrivere aggiungo la mia solitudine e il mio bisogno di comunicare i miei nonnulla di oggi.

A presto, marina


sabato 24 marzo 2018

non chiamatemi anziana


Anziano vuol dire solo che è venuto prima (da antea latino, ma del latino volgare del XIII secolo).
Prima di chi? Vorrei chiedere ai parlanti del duecento. Non vedete che così mi definite in relazione a un altro? Qualcuno che è nato dopo di me?
Ma io voglio essere definita solo in relazione a me stessa, al mio nascere, al mio vivere, al mio morire. Ai miei anni. Al mio tempo di vita.

Perciò chiamatemi vecchia.

E siate meno ipocriti.



3 commenti:

  1. C'è un grande orgoglio nella tua vecchiaia. E non solo quello.il resto, adombrato sotto la lezione sintattica del post iniziale, non ha età anagrafica, intellettuale semmai. È una strada pericolosa e ostica anche per chi ti legge ma io sono più vecchio di te.

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  2. Il nostro tempo, ne abbiamo uno solo, ed è sempre nel presente, esso ha molti "tempi" e tante stagioni, mi hai fatto pensare ad un libro della Ravera comprato nel Maggio del 2017, IL TERZO TEMPO, La protagonista non è una vecchia ma è convinta che presto lo sarà, convinta che il terzo tempo sia da vivere pienamente "insegno malinconia positiva.soffrire da vecchi è la regola. Soltanto i vecchi speciali ce la fanno. E i vecchi speciali sono quelli che stanno bene". Saper essere vecchi è un dono, e che importa come ci chiamano gli altri? E' solo un dettaglio.
    Gingi

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  3. Siccome mi sono fatto crescere la barba, qualcuno mi ha detto: "No, ti invecchia". Guarda un po', invece di avere 80 anni, pare che ne abbia 83

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