da inezie essenziali a essenzialmente inezie

Cari amici, eccomi qui. Se siete arrivati qui è perché siete passati sul mio blog storico e ve ne ringrazio. L'ho lasciato lì, dopo dieci anni di vita, dal 2007 al 2017. Era andato rarefacendosi e inaridendosi, un lento morire che mi dava anche disagio.

Quando, in cerca non so di cosa, rileggevo un vecchio post toccavo dolorosamente con mano quanto io fossi cambiata e quanto l'identità di quella marina si fosse sfarinata. E non conta se quella marina valesse poco o tanto. Ero io e non lo sono più.

Perciò ho fatto una capriola grammaticale e ho dato inizio al blog del mio presente, della marina che sono oggi.



Da "inezie essenziali" a "essenzialmente inezie" il significato slitta e non di poco.

Quando scrivevo "inezie essenziali" ritenevo, evidentemente, che nelle inezie che via via venivo scrivendo ci fosse qualcosa di essenziale che chiedeva di essere scritto e forse meritava di essere letto. Essenziale per me e, perché no, per qualcun altro nella blogosfera; qualcuno che si scoprisse in sintonia con il mio modo di sentire e, almeno in parte, vi si riconoscesse.

Ma trasformando quell'aggettivo "essenziali" in un avverbio "essenzialmente" il significato cambia e non superficialmente.

Infatti "essenzialmente inezie" dice che quello che scrivo è fatto alla radice di inezie, che smettono di essere essenziali.


Se sono rimasta comunque nell'ambito lessicale della essenzialità e della inezia una ragione, un significato c'è. Per ora è confuso anche per me, ma penso che pian piano verrà fuori.


Comunque, perché scriverle queste piccolezze, questi nonnulla, queste minuzie? Quanto narcisismo mi porta a scriverle?

In tutti noi che affidiamo a un blog i nostri pensieri, ricordi, versi o versetti, racconti, riflessioni, un po' di narcisismo è sempre presente. Almeno credo.

Ma, dato per scontato il mio tasso di narcisismo, per non farmi torto, tra le ragioni del mio scrivere aggiungo la mia solitudine e il mio bisogno di comunicare i miei nonnulla di oggi.

A presto, marina


venerdì 16 marzo 2018

lo sguardo dell'assenza

Da tempo guardo al mondo con lo sguardo dell'assenza.
È uno sguardo che sta sulla porta. Lo sguardo di un ospite che non fa un passo avanti per unirsi agli altri nella stanza affollata. L'ospite è lì e non è già più lì e immagina. Così io immagino.
Nel mio immaginare -ambienti, scene, dialoghi- gli altri sono tutti presenti e ormai in pace con la mia assenza. Non voglio che chi mi ama soffra. E guardo alle loro vite con speranza ma già con quel senso di accettazione che l'assenza porta con sé. L'accettazione è inevitabile. Del resto divenuti assenti di diritto non si potrebbe in alcun modo intervenire. 
È strano che della mia assenza ancora nessuno si avveda, che io risulti presente a tutti gli effetti.

Voglio rassicurarvi: essere presente eppure già assente è solo uno stato, una condizione, non comporta dolore.






 Giacomo Balla Elisa sulla porta 1904

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